Autostima e insicurezza

autostima_insicurezzaL’autostima è quella percezione che abbiamo di noi stessi che riguarda la consapevolezza del proprio valore, il senso di autoefficacia nello svolgimento di un compito e più in generale la soddisfazione per sé stessi.  Potremmo quindi definirla una sorta di autovalutazione, che diventa automatica e autoriferita ma che chiaramente si origina da esperienze passate per lo più infantili. Possiamo immaginare l’autostima lungo un continuum che va dal valore basso a quello alto. Una persona che si colloca su un valore alto di autostima non è da considerarsi quel tipo di persona estremamente sicura di sè, incapace di confrontarsi con gli altri e di mettersi in discussione: al contrario questo tipo di persona probabilmente ricadrebbe nei valori bassi di autostima, al pari di persone che per bassa autostima si mettono troppo in discussione e percepiscono un’estrema insicurezza nei propri pensieri e relativi comportamenti.

La spiegazione e il pensiero disfunzionale su cui si basa la bassa autostima è il concetto di sè ideale, praticamente il famoso “ideale di perfezione“. Questa definizione fu introdotta da uno tra i più illustri psicologi che hanno trattato l’argomento, William James, che in effetti definì l’autostima come “il rapporto tra sé percepito e sé ideale”, ovvero il confronto che facciamo tra come ci percepiamo (i nostri modi di essere e di fare, le nostre qualità, i difetti e la personalità) e come vorremmo essere. L’ideale di perfezione è un concetto fondamentale, in qualche modo potremmo addirittura definirlo la causa principale dell’insicurezza. La costruzione dell’ideale di perfezione è un processo complesso, che riguarda sia esperienze relazionali intime (genitori, amici, partner), sia aspetti più ampi legati alla cultura in cui viviamo (es. ideali di bellezza, di intelligenza, di successo). Il riferimento all’intelligenza ad esempio è interessante perchè spiega bene come alcuni di questi ideali siano frutto di una costruzione irreale e arbitrariamente imposta. L’intelligenza infatti è un costrutto che è stato cambiato nel tempo e con essa i parametri per valutarla: avendo osservato come le differenze culturali abbiano un impatto molto diverso nello sviluppo di competenze verbali e non verbali, con il tempo si è passati ad articolare meglio i test in modo da poter interpretare meglio le differenze rilevate tra i due tipi di test ed eventualmente a slegare i risultati da influenze dovute non a una scarsa intelligenza, ma a una diversa cultura.

Abbattere il senso di inferiorità

Il senso di inferiorità si nutre proprio dei nostri costanti tentativi di trasformazione: quando il cambiamento che ci auguriamo non è un semplice miglioramento ma uno stravolgimento della nostra personalità, è allora che la nostra autostima crolla. Un ideale è per definizione tale, e inseguire qualcosa che non ci appartiene non farà altro che aumentare il nostro senso di inadeguatezza, perchè sperimenteremo ogni volta la (necessaria) distanza tra noi e l’ideale.

Può sembrare paradossale ma non è cambiando noi stessi che aumenteremo la nostra autostima, ma lavorando sul rafforzamento delle nostre risorse, accogliendo e valorizzando tutto ciò che di positivo ci caratterizza.

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