Approfondimento sull’intelligenza emotiva: quali sono le sue componenti e come si sviluppa l’empatia?
Nell’articolo precedente attraverso la lettura psicologica del film “Inside out”, ci siamo occupati di emozioni e funzionamento mentale. Oggi vogliamo soffermarci su un concetto in particolare e approfondirne gli aspetti. Sempre più spesso sentiamo parlare di “intelligenza emotiva” in vari contesti, ma cosa si intente esattamente?
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Le emozioni, se gestite correttamente, possono rappresentare una grande risorsa per la crescita personale di ciascun individuo. È dimostrato da numerosi studiosi che intelligenza ed emozioni non sono nettamente separate, o addirittura in contrasto tra loro, come un tempo si riteneva.
Gli studi di Daniel Goleman, psicologo e ricercatore statunitense, confermano che “le emozioni intralciano o potenziano le nostre capacità di pensare, di fare progetti, di risolvere problemi” dunque bisogna saper cogliere il potenziale delle emozioni e sfruttarlo a vantaggio della crescita sana ed equilibrata dei bambini.
Inoltre, anche in ambito scolastico, è stato riconosciuto e valorizzato il ruolo delle emozioni, perché influenzano i processi di apprendimento dei bambini: risulta più semplice e produttivo orientare l’attenzione dell’alunno verso un argomento o un’attività mediante un’esperienza diretta e positiva per il bambino; anche la memoria è influenzata dalle emozioni, in quanto la mente umana tende a ricordare più facilmente le informazioni se associate ad emozioni positive o forti.
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Le ricerche di Goleman hanno dato vita al concetto di “intelligenza emotiva”, definita come la capacità di riconoscere, comprendere, descrivere e gestire i vissuti propri emotivi. L’intelligenza emotiva è composta anche da altre abilità che si intrecciano con quelle sociali e cognitive:
- Essere empatici, ovvero “mettersi nei panni dell’altro” e comprendere appieno l’esperienza emotiva;
- Saper ascoltare, avendo pieno rispetto dell’altro e dei suoi vissuti;
- Assertività, ovvero esprimere con sincerità ed efficacia le proprie emozioni ed opinioni in un contesto sociale, senza temere il giudizio altrui;
- Automotivazione e ottimismo, ovvero provare entusiasmo ed essere perseveranti nonostante gli insuccessi.
Come incoraggiare lo sviluppo dell’intelligenza emotiva nei bambini
Talvolta, i genitori commettono alcuni errori involontari che rischiano di compromettere o di incrinare il rapporto con i propri figli, nonché l’equilibrio emotivo del bambino.
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- Se il bambino è triste o arrabbiato, parlatene con lui. Cercate di capire da dove proviene quell’emozione e che cosa l’ha scatenata. È importante non ignorare o sminuire le emozioni dei bambini, in particolare quelle negative, come rabbia e tristezza. Anche dietro ai cosiddetti “capricci” dei bambini, talvolta possono nascondersi difficoltà o angosce che non sono in grado di comunicare in altro modo. È l’adulto di riferimento che, col tempo, attraverso la comunicazione empatica, trasmette al bambino il “vocabolario emotivo”, ovvero le parole per esprimere le proprie emozioni e attribuirvi un senso.
- Chiedere come si sente e cosa prova in situazioni particolari, magari quando si attraversano momenti di difficoltà familiare, può aiutare il bambino ad esprimere le proprie emozioni senza vergogna, ma in maniera sana e spontanea. Ciò può verificarsi soltanto grazie alla presenza di una figura di riferimento in grado di accogliere tutte le emozioni, senza “censure”.
- Non nascondete le vostre emozioni. Esprimere le proprie emozioni, non è da persone deboli. La sensibilità e l’autenticità del sé sono caratteristiche fondamentali per un sano rapporto genitori-figli. Sappiamo bene che “bluffare” con i bambini è molto difficile: talvolta sanno essere degli ottimi osservatori e ascoltatori, colgono lo stato d’animo dell’altro e traggono le proprie conclusioni; in secondo luogo, se siete autentici con i vostri figli, vedrete che lo saranno anche loro con voi, e non avranno bisogno (neanche loro) di vergognarsi delle proprie emozioni.
- Ascoltare il bambino e porre domande aperte per favorire il dialogo genitori-figli, cercando di non anticipare la risposta o influenzarne il contenuto. Un bambino, a prescindere dall’età, sta costruendo il proprio sé, che diventerà la base della propria identità adulta. Incoraggiare il bambino ad esprimere cosa pensa e cosa prova è un buon allenamento per la formazione del carattere e per sviluppare la capacità di esprimere le proprie emozioni. L’esperienza di sentirsi ascoltato renderà al bambino la fiducia verso il prossimo ed incoraggerà la sua autostima.
- Mettersi nei panni del bambino. Talvolta i genitori tendono involontariamente a chiedere comprensione ai loro figli, – fai uno sforzo – non fare il bambino – cerca di capire etc. dimenticando che la loro maturità è tale e commisurata all’età. È importante essere consapevoli e comprendere in quale fase dello sviluppo emotivo si trova il bambino, per non fare richieste alle quali non saprà rispondere per la sua “immaturità” evolutiva.
- Valorizzare l’errore, leggendolo come un’esperienza di apprendimento. Errare è umano. Talvolta i bambini vivono l’errore come un’esperienza del tutto negativa, di fallimento a 360°, senza cogliere la benché minima sfumatura. Da tale atteggiamento pessimista scaturiscono reazioni ed emozioni negative e, talvolta, devastanti, come: il timore di aver deluso i genitori o gli altri adulti di riferimento, la tristezza per la perdita di fiducia verso le proprie capacità, la rabbia data dalla frustrazione di sentirsi non all’altezza del compito o della situazione. Tali emozioni vanno a minare, ancora una volta, quella che è l’autostima del bambino, in mancanza di un adulto in grado di fargli leggere l’esperienza da un punto di vista evolutivo: Cosa ho imparato da questo errore? La prossima volta cosa posso fare per non commetterlo di nuovo? Grazie a queste domande, il bambino analizzerà il momento di difficoltà e l’errore commesso in maniera costruttiva e non più giudicando se stesso in modo negativo. I giudizi riguardano l’errore, il comportamento, la situazione in sé, e non il bambino, la sua personalità, il suo modo di essere. Soltanto se si comprende il valore dell’errore e l’apprendimento che da esso scaturisce, è possibile insegnare ai bambini la perseveranza e l’ottimismo, ovvero a non rinunciare facilmente e a non arrendersi davanti ad un insuccesso, senza perdere la fiducia in sé.